giovedì 22 marzo 2012

Sicurezza, a rischio il Gran Premio del Bahrain

Pochi giorni fa, esattamente il 28 febbraio, Bernie Ecclestone, patron della Formula 1, ha ricevuto una lettera che portava la firma di “Gioventù della Rivoluzione del 14 febbraio” [nel 2011 – ndr], a ricordo del giorno in cui iniziarono i massacri e che è anche uno dei gruppi più importanti del Bahrain: «Faremo qualsiasi cosa per garantire il fallimento del Gran Premio di Formula Uno piuttosto che vederlo macchiato con il sangue e la vergogna. Se il 22 aprile il Circus correrà in un posto dove i bambini vengono uccisi per strada, si macchierà per sempre con immagini di morte e di violazione dei diritti umani. Ci appelliamo a tutti gli atleti del mondo perché ci sostengano e alla Formula Uno perché non venga qui, in quanto la situazione rispetto a un anno fa è peggiorata." questa la sintesi della missiva inviata.

Alcune associazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch, si sono attivate per chiedere ai team e ai piloti di boicottare la corsa a denuncia della violenta repressione che la polizia bahreinita utilizza contro la popolazione a base di gas chimici, torture e proiettili di gomma, sparando anche a distanza ravvicinata sui manifestanti.

Lapidaria, e apparentemente poco incline ad un possibile ripensamento, la risposta del boss del Circus Bernie Ecclestone: "Ci sono sempre persone che protestano e in ogni parte del mondo. Possono farlo senza usare la violenza, piazzandosi ai lati delle strade con i loro striscioni per diffondere il loro messaggio."

Su internet è partita la petizione che raccoglie firme per fermare la gara. Anche la Gran Bretagna, patria di ben otto delle dodici formazioni della massima serie, non ci sta alla scelta di disputare la corsa sul tracciato di Manama tanto che il mese scorso, attraverso una lettera pubblicata sul Times, alcuni membri della Camera dei Lord inglese avrebbero chiesto proprio a Ecclestone la cancellazione della tappa dal calendario.

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