Hulme nasce nella fattoria di tabacco di proprietà dei genitori a Motueka, nel sud della Nuova Zelanda, il 16 giugno 1936. È figlio di Alfred (24 gennaio 1911 – 2 settembre 1982), un personaggio molto noto in Nuova Zelanda per essere stato insignito della più alta onorificenza militare inglese, la Victoria Cross, durante la battaglia per l’isola di Creta nella Seconda Guerra Mondiale. In adolescenza Danny, terminati gli studi, si specializzò come meccanico in un’autorimessa di Te Puke, dove acquisì la prima esperienza che poi gli sarà così utile nella sua futura carriera.
Soprannominato l’orso per il suo carattere scontroso e taciturno debutta in Formula Uno il 30 maggio 1965, al volante di una Brabham-Climax, con la quale concluderà all'ottavo posto il suo primo Gran Premio ufficiale, in quanto aveva disputato alcuni eventi non validi per il mondiale, a Montecarlo. Dopo l'assenza in Belgio ritorna di gran carriera il 27 giugno dello stesso anno, sfiorando il terzo gradino del podio nel GP di Francia. In Gran Bretagna è costretto invece al ritiro, mentre in Olanda conquista il quinto posto. L'anno successivo è confermato in Brabham. Ottiene quattro podi, senza mai vincere, che gli valgono il quarto posto nella classifica generale.
Nel 1967 sfiora il successo nella prima gara in Sud Africa, a Kyalami, che perde per un'avaria ai freni a venti giri dalla fine. L'appuntamento con la vittoria è però solo rimandato e Hulme vince il suo primo gran premio a Monaco, evento ricordato tragicamente per l'incidente in cui perse la vita Lorenzo Bandini. Nelle gare successive il pilota neozelandese arriva costantemente a podio, ma è battendo il suo compagno Jack Brabham, sul difficilissimo circuito del Nurburgring, che appare chiara la volontà di Hulme di conquistare il mondiale. Denny vuole quindi il titolo anche se ciò significa ribellarsi agli ordini di squadra che vorrebbero favorire lo stesso Brabham, patron della scuderia. Il finale della stagione è una lotta tra i due piloti della Brabham e Jim Clark che deve tuttavia abbandonare i suoi propositi mondiali per via delle numerose rotture della nuova e velocissima Lotus 49. La stagione si conclude in Messico con Hulme che diventa campione del mondo di Formula 1 arrivando terzo, dietro ai due rivali. Questo titolo mondiale provoca però le ire di Jack Brabham, beffato in classifica generale di soli cinque punti, che a fine stagione lascia a piedi il neozelandese.
Dopo questo nel 1968 Hulme si accasa alla McLaren, con cui, vincendo sui circuiti di Monza e Mont-Tremblant, rimane in lizza per il titolo fino all'ultima gara (in Messico) concludendo al terzo posto nella classifica generale. L'anno successivo Hulme è quasi sempre tra i più veloci ma una lunga serie di guasti meccanici lo priva spesso del podio: solo all'ultimo appuntamento otterrà la vittoria a Città del Messico.
Il 1970 inizia bene per il neozelandese che arriva secondo al gran premio del Sud Africa, primo appuntamento stagionale, tuttavia pochi mesi più tardi il suo compagno di team e titolare Bruce McLaren, perde la vita in gara. La squadra, sconvolta per la perdita del suo fondatore, troverà in Hulme l'uomo che la traghetterà fino all'epoca Fittipaldi.
Infatti, superata la terribile stagione 1971, in cui il team versava in una profonda crisi tecnica e organizzativa, Hulme mostrerà un forte potenziale velocistico e tattico, conquistando sempre almeno una vittoria a stagione e raccogliendo numerosi piazzamenti a podio. Un esempio del valore di questo pilota fu la vittoria al gran premio di Svezia ad Anderstorp nel 1973 in cui, avendo scelto pneumatici di mescola più dura, fu protagonista una strepitosa rimonta e superò Ronnie Peterson al penultimo giro. Grande regolarista dava il meglio di sè in gara ed era sempre pronto a sfruttare i passi falsi degli avversari, come quando vinse il gran premio del Sud Africa a Kyalami nel 1972, spezzando un digiuno, suo e del team, di più di due anni. Va tuttavia fatto notare che il campione neozelandese guidò spesso macchine affidabili ma non velocissime e l'unica pole che Hulme ottenne fu proprio in Sud Africa nel 1973, quando portò al debutto la leggendaria McLaren M23.
Nel 1974 il promettente pilota americano Peter Revson, che era stato suo compagno di squadra nelle ultime stagioni, perse la vita nei test a Kyalami. Questo episodio, unito alla pericolosità delle gare di quel periodo, spinse il pilota neozelandese al ritiro, dopo aver vinto otto gran premi, l'ultimo proprio in quell'anno a Buenos Aires, quando ancora una volta, fu pronto ad approfittare di un'avaria meccanica per superare un giovane Carlos Reutemann all'ultimo giro.
Terminata la carriera agonistica, si ritirò in Nuova Zelanda e si dedicò ad attività commerciali placando la sete di corse al volante di vetture Turismo e gare nazionali a partire dal 1978, stabilendo un rapporto di collaborazione con il Team del pilota scozzese Tom Walkinshaw. Trovò il tempo per dedicarsi ai suoi passatempi preferiti: sci d’acqua e golf, più il nuoto che praticava però solo quando l’acqua era almeno a una temperatura di 22 gradi. La vita di Dennis, oltre che grandi successi riservò purtroppo grandi amarezze e dolori. Nel giorno di Natale 1988 il suo unico figlio Martin cadde nel lago vicino a casa in Nuova Zelanda e vi trovò la morte annegando.
Nell’ottobre del 1992, il destino volle che la sua carriera sportiva e la sua vita arrivassero al capolinea insieme. Mentre guidava la sua Bmw M3 a bassa velocità nella 1000 Km di Barthust in Australia Hulme ebbe un malore, riusci a parcheggiare la vettura a bordopista e ad avvisare i box, poi venne colto da un infarto. Venne sepolto al cimitero di Dudley a Te Puke, accanto all’adorato figlio Martin.
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