L'ex pilota di Formula Uno Alessandro Nannini deve pagare le tasse in Italia perché la sua residenza a Montecarlo è solo di facciata. Lo sottolinea la Cassazione dal momento che, con "una argomentata serie di elementi", gli accertamenti fiscali hanno dimostrato che l'Italia è "il centro degli affari e degli interessi economici e morali" del rampollo della nota famiglia di imprenditori senesi. Del resto, dalle indagini, rileva la Cassazione, è emerso "il pieno coinvolgimento dello sportivo nelle vicende economiche e morali della famiglia Nannini e delle società ad essa facenti capo".
Ora il fratello della cantante Gianna, deve rassegnarsi a pagare una antica pendenza di circa 25 mila euro sui redditi dichiarati nel 1997. Alessandro ha cercato di far valere, in Cassazione, l'iscrizione all'anagrafe degli italiani residenti all'estero. La Suprema Corte gli ha replicato che questo "non è un elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia". Non miglior sorte ha avuto il tentativo di salvare dalla tassazione introiti che, ad avviso di Nannini, non dovevano essere tassati perché non erano reddito da impresa ma il suo stipendio come amministratore di alcune società di famiglia.
I giudici con la sentenza 5382, gli hanno spiegato che "i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti non fornisce adeguata giustificazione", e questo vale anche per chi "svolge attività di collaborazione coordinata e continuativa come amministratore di società".
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