lunedì 2 luglio 2012

Amarcord. Semplicemente Gilles Villeneuve

Joseph Gilles Henri Villeneuve, nasce a Saint Jean sur Richelieu in Canada il 18 gennaio 1950.

Appassionatosi di automobili durante i primi anni di vita, diede inizio alla propria carriera sportiva partecipando a gare di motoslitte nella nativa provincia del Québec. Successivamente passò alla guida delle monoposto, e nel 1976 vinse sia il Campionato di Formula Atlantic canadese che quello statunitense.

Arrivò nel mondo della Formula Uno a 27 anni, debuttando il 16 luglio 1977 al volante di una McLaren nel Gran Premio d’Inghilterra a Silverstone. Riuscì a qualificarsi in nona posizione, poi stabilì il miglior tempo nel warm up. In gara termina 11° a causa  di una spia dell'acqua malfunzionante che lo costringe a perdere molto tempo ai box per verificare eventuali danni al sistema di raffreddamento, stabilisce comunque il 5° giro più veloce in corsa.
In seguito sparì per qualche tempo. Tornò a gareggiare sia in Formula Atlantic sia con la Wolf- Dallara nel campionato Can Am. 

Quando ormai la carriera motoristica di Gilles sembrava avviata verso l’anonimato ecco che entra in gioco il destino, sotto forma di Enzo Ferrari. Il Drake decise di ripetere ciò che aveva fatto con Niki Lauda nel 1974, ovvero assumere un giovane semi sconosciuto da allevare, plasmare e affinare. L’ingaggio di Villeneuve in Ferrari aveva motivazioni ben precise che Enzo Ferrari non rinnegava mai, costava pochissimo, aveva un talento naturale e soprattutto piaceva allo sponsor Philip Morris.

In quelle ultime due gare del 1977, Villeneuve non impressionò particolarmente. In Canada si qualificò 17° e si ritirò a quattro giri dalla fine per un guasto alla trasmissione, in Giappone andò addirittura peggio, 20° in qualifica e protagonista di un terribile incidente in gara con Ronnie Peterson che costò la vita a due spettatori e causò decine di feriti.

Il 1978 inizia decisamente meglio. La Ferrari pur non avendo nella 312T2/T3 la migliore monoposto del lotto nelle mani del canadese si trasformava. Giunse così la prima vittoria, proprio in Canada nel suo Canada che tanto amava.

Da quel momento e fino alla sua tragica fine, Villeneuve divenne un’icona vivente per la Formula Uno e per la Ferrari. Non riuscì mai a diventare campione del mondo e vinse anche poche corse, ma ognuna di quei trionfi ha un sapore epico, al limite del divino.

L’impresa di Digione, il 1 luglio 1979, dove duellò letteralmente ruota contro ruota, staccata dopo staccata, metro dopo metro, con la Renault di Renè Arnoux per conquistare i sei punti del secondo posto ha dell’incredibile ed è stampata nella mente di ogni tifoso e appassionato.

La vita di Gilles Villeneuve si spezzò in quell’assurdo incidente dell’8 maggio 1982 a Zolder, lasciando la Formula Uno orfana della sua stella più bella. Perché nonostante i soli 6 successi ottenuti in carriera, Gilles sapeva trasmettere emozioni e commozioni con ogni suo gesto sportivo,  gelava il sangue e infiammava il cuore vederlo correre sempre con il coltello tra i denti, sempre sulla linea sottile del limite sia dell’uomo che del mezzo. Emozioni che solamente Ayrton Senna è stato in grado di ripetere e forse di superare.

Gilles è stato capace di riportare la figura del pilota al centro di ogni attenzione, mettendo la macchina, le strategie e le diavolerie tecniche in secondo piano. Gilles con la sua guida intuitiva e naturale sapeva spremere da ogni monoposto tutto quello che potevano dare senza ansie o paure.

Avvincente nel Gran Premio d’Olanda 1979, nel tentativo di rientrare ai box con la gomma posteriore sinistra inizialmente bucata e poi deschappata, con la forza e la volontà di non arrendersi mai, di non abbassare mai la testa. 

Leggendario nel Gran Premio d’Italia 1979, forse la sua gara migliore in assoluto. La corsa fu un autentico capolavoro di coraggio ed intelligenza. Attaccò i vari Laffite, Regazzoni, Jabouille, Lauda e Piquet fino a portarsi in seconda posizione, poi difese il suo compagno di scuderia, Scheckter, pur essendo più veloce  e perdendo così la possibilità di conquistare il mondiale.

Straordinario anche nel Gran Premio di Spagna 1981, quando con una Ferrari in netta difficoltà tenne dietro Laffite, Watson, Reutemann e De Angelis con giri al limite della fisica umana.
Il 1982 sarebbe stato certamente l’anno del primo titolo mondiale. Era più forte di Pironi, dell’amico che lo aveva tradito a Imola, quando il francese non rispettò i patti che volevano vincitore chi si fosse trovato in testa all’inizio dell’ultimo giro.

Con tutto questo è entrato prepotentemente nella storia e poi nella leggenda della Formula Uno, così in profondità che anche chi non lo ha mai visto gareggiare sa tutto di lui e onora le sue gesta.

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